sabato 29 settembre 2012

Casa Verbano chiusa da una Regione ridotta da far pietà, ma priva di pietas



Blindata la casa di Carla e Valerio Verbano.
 Il fascismo della Regione Lazio 

da: controlacrisi  
 



Gli avvoltoi che prosperano nella città di Roma hanno aspettato solo alcuni mesi per volare su una preda ambita. Via Monte Bianco 114, c’è un appartamento nel quartiere di Montesacro che per alcune generazioni di militanti del movimento ha un valore particolare. In quell’appartamento, il 22 febbraio del 1980 veniva ammazzato da killer neofascisti, Valerio Verbano, 19 anni, giovane e conosciuto compagno. Ancora ignoti restano gli assassini, le stesse modalità dell’omicidio (un'esecuzione con i genitori legati nella stanza attigua) generarono  raccapriccio, anche se i giornali della stampa borghese ebbero il coraggio e l’indegnità di titolare “ucciso un autonomo”.

 La storia di Valerio non è andata dimenticata, grazie all’impegno di tanti compagni e compagne e grazie soprattutto alla testardaggine di Carla, sua madre che ha voluto fino all’ultimo tentare di sapere nomi e ragioni della morte di suo figlio. Carla se ne è andata da poco, stroncata da un male a cui aveva resistito caparbiamente. L’appartamento doveva divenire la sede di una associazione dedicata alla memoria e in tal senso erano state inviate esplicite richieste alla Regione, ente proprietario. Ma mentre la Regione cadeva, travolta da un marciume incredibile, c’era qualche solerte funzionario che si preoccupava di “risanare i bilanci” requisendo l’appartamento.

 È giunta ieri mattina una squadra di operai che ha blindato la porta con degli infissi laterali di ferro (ma non l'hanno sradicata e non hanno alzato nessun muro esterno così come si era temuto in un primo momento) ma ha buttato sul pianerottolo il divano sul quale Valerio si accasciò e morì dopo esser stato colpito. Un divano che è rimasto in questi 32 anni nello stesso posto. I compagni e le compagne della zona lo hanno recuperato e messo al sicuro

Un altro colpo duro, dopo la morte di Carla che credeva nella necessità di portare avanti anche questo luogo. Sarebbe troppo facile parlare solo dei rigurgiti fascistoidi che riempiono le istituzioni. Il loro fascismo, mai rimosso, forse non considera neanche importante riaprire certe ferite ma considera fondamentale appropriarsi dei beni collettivi, fare cassa su coloro che non sono in condizione di difendersi, distruggere l’idea stessa di bene comune. E un bene comune deve tornare ad essere la casa di Carla e Valerio.

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